IV PARTE
CONCETTI ESISTENZIALI
La proposta filosofica della quale sono stati enunciati i caratteri
presuppongono l'essere umano o, meglio, la ragione che potenzialmente
può esprimere l'essere umano, come maggior livello
raggiungibile dall'energia nello spazio e nel tempo.
Non si tratta, perciò di considerare la ragione come entità
incentrata o propulsiva rispetto all'energia, bensì come la
risultante di un processo.
È un fatto che, rispetto alla materia impiegata, l'energia cerebrale
rappresenti il più sofisticato effetto, non tanto e non solo in termini
di quantità, ma certamente in termini qualitativi.
La ragione è poliedrica. È l'unico evento tanto poliedrico. In essa
sono concentrate forze che causano effetti materiali e concettuali
enormemente più complessi ed incidenti rispetto ad ogni altra
forma di energia.
Si potrebbe dire che nella ragione è confluita l'intera gamma
dell'intelligenza primordiale.
Mai nessuna forma di energia, prima della ragione, aveva potuto
incidere tanto sugli eventi, escludendo, naturalmente, la causa del
primo evento, causa, peraltro, al di fuori dello spazio e del tempo.
Questo fatto comporta un'immane responsabilità: la ragione può
determinare il massimo bene, quindi la massima evoluzione,
oppure anche determinare il massimo male, quindi il più grande
impedimento naturale rispetto alla trasformazione dell'energia
dallo stato più semplice al più complesso.
I concetti esistenziali dell'essere umano, come fonte conosciuta
della ragione, debbono perciò necessariamente essere governati
da regole tra di esse interdipendenti e, tutte insieme, finalizzate
verso la determinazione del massimo bene, che significa, poi,
determinazione del massimo sviluppo dell'energia.
Precisiamo tali concetti esistenziali utilizzando vocaboli molto
comuni: economia, cultura, filosofia, vitalità, religione.
ECONOMIA
Economia è l'utilizzo delle risorse, mediante il processo che parte
con la promozione per realizzare il consolidamento dal quale, poi
scaturiscono nuove risorse.
L'economia è il concetto, quindi la teoria, su cui si fondano i
rapporti tra bisogni e desideri da una parte, soddisfazione, ed
appagamento, dall'altra.
Bisogni e desideri che rappresentano altrettanti problemi. La loro
soddisfazione ed loro appagamento rappresentano altrettante
soluzioni.
È pacifico che la soluzione dei problemi, soprattutto di quelli
materiali, deve passare attraverso un impiego razionale delle
risorse, anzi impiego razionale orientato a risolvere i problemi
nell'ambito di una strategia universale.
Da una parte abbiamo la nostra individualità. Dall'altra abbiamo
problemi di carattere generale.
L'individuo e l'umanità nel suo complesso hanno gli stessi
problemi, ricondotti questi ultimi, naturalmente, nell'ambito degli
stessi problemi materiali (di sopravvivenza e di sviluppo) e degli
stessi desideri (tendenza al piacere).
Si tratta allora semplicemente di coniugare esigenze individuali
con esigenze comuni, nella convinzione che gli effetti delle
soluzioni individuali dipendono anche dalla soddisfazione
comune, così come gli effetti delle soluzioni comuni costituiscono
carattere essenziale delle soddisfazioni individuali.
L'essere umano ha impostato diverse teorie, a questo proposito,
dalle più semplici (il baratto) alle più complesse (liberismo,
comunismo, globalizzazione). I risultati che conosciamo sono: una
parte dell'umanità, almeno a livello di benessere materiale, sta
meglio di prima, un'altra parte sta peggio di prima.
La percentuale che sta meglio è andata in graduale aumento.
Se confrontiamo i dati sulla povertà e sulla ricchezza dall'inizio
della rivoluzione industriale ad oggi, non possiamo non prendere
atto che per ogni milione di esseri umani, quelli che stanno bene
oggi sono più di allora.
Ma questa proporzione è distorta: in realtà, in cifra assoluta, la
gente che sta male oggi è molta di più di quella che stava male
allora, e le prospettive indicano un peggioramento nei prossimi
decenni.
Quindi, le teorie economiche, oppure la loro realizzazione pratica,
hanno fallito. È vero che oggi c'è meno gente che sta male rispetto
a tutti gli altri, ma è un fatto che "tutti gli altri" sono sempre di più,
e quel che è peggio, secondo le prospettive, saranno ancora di più
in futuro.
Le teorie economiche hanno fallito perché sono state applicate,
forse sono anche state impostate, non solo finalizzate ad ottenere
la massima soddisfazione di bisogni materiali individuali, ma
anche per ottenere il massimo potere attraverso la detenzione
della ricchezza.
L'essere umano, cioè, ha lavorato, prima per produrre le proprie
utilità materiali, poi per destinarle all'appagamento dei propri
desideri, cose del tutto legittime, infine ha impiegato gli effetti dei
risultati per attribuirsi maggior potere rispetto agli altri esseri
umani.
E così si è messo in moto e persiste questa specie di meccanismo
inumano (nel senso che va contro ogni logica relativa all'insieme
degli esseri umani) attraverso il quale chi più ha più vorrebbe
avere.
Prima di parlare di nuove possibili teorie economiche, dobbiamo
definire bene lo stato in cui si trova chiunque, avendo raggiunto
un grado di ricchezza tale da poter soddisfare, oltre a tutti i suoi
bisogni, anche tutti i suoi desideri, tranne quello del potere che gli
deriva dalla ricchezza (desiderio, evidentemente, inappagabile
per alcuni), desidera ulteriore ricchezza.
In costui, il desiderio di ricchezza, soprattutto se finalizzato al
desiderio del massimo potere, è più forte di qualsiasi altro piacere
umano.
Il desiderio di avere, quindi, è più forte del piacere di essere.
È un male, questo, che causa altri mali: la povertà degli altri, la
distruzione delle condizioni naturali, dal punto di vista chimico e
fisico.
È anche un male per lo stesso individuo che vive questa
situazione asservendo ogni altro piacere rispetto a quello, più
forte, del desiderio di ricchezza.
Se è un male per costui e per gli altri, è un male completo, al quale
si deve necessariamente tentare di porre rimedio, curandolo.
Tutti i movimenti e tutte le azioni popolari orientate all'esproprio
di ricchezza di individui considerati eccessivamente ricchi si sono
rivelati inutili, qualche volta anche molto negativi.
Espropriare, infatti, significa togliere a qualcuno qualcosa di
materiale, mentre non significa affatto togliere il desiderio di
qualcosa di materiale.
Allora bisogna che i popoli facciano leggi orientate non ad espropriare,
bensì a togliere il desiderio di avere in eccesso.
Il desiderio di avere in eccesso, come altri desideri (i vizi), è una
malattia psichica e come tale va curata.
Ed è sicuramente possibile, oggi, impostare terapie in grado di
guarire o, quantomeno, attenuare, gli effetti di una tale malattia.
Sono state promulgate le norme sanitarie per tantissime altre
malattie, promulghiamone una anche per questa malattia: l'incon-trollato
desiderio di avere in eccesso.
L'unica teoria economica in grado di realizzare il benessere di
tutta l'umanità, si esprime attraverso il razionale rapporto, tra
esigenze (bisogni e desideri) e proposte (soluzioni alle esigenze).
È molto semplice.
Impostiamo un piano nel quale identifichiamo i bisogni di tutti in
ordine di priorità, ideiamo le soluzioni di questi problemi,
impieghiamo tutta la cultura che possiamo avere per realizzare le
soluzioni, attribuiamo ai risultati gli stessi effetti che hanno dato
origine al piano, cioè la soluzione integrale di tutti i problemi che
hanno origine dai bisogni materiali.
Infine, decidiamo quali debbono essere le prevalenze relative agli
effetti dei risultati ottenuti, identificando un equo rapporto tra
utilizzo dei risultati e loro impiego per produrre nuovi risultati.
E facciamo partecipare a questo processo tutti gli esseri umani in
grado di lavorare (di pensare e di agire), in modo che tutti
possano concorrere alla soddisfazione dei propri bisogni.
A questo piano riconduciamo, quindi, le tecniche scientifiche,
tecnologiche ed utilitaristiche che ben conosciamo, provocando
così una reale rivoluzione rispetto a quello che accade attual-mente.
Oggi, al contrario, sono i piani che vengono ricondotti alle
tecniche, dalle quali sono condizionati.
CULTURA
Cultura è il complesso delle cognizioni che, attraverso le
emulazioni, consentono il miglior rapporto tra risorse e risultati.
Le risorse, infatti, come mezzi impiegabili per realizzare obiettivi,
attraverso l'organizzazione e l'autodeterminazione, producono
risultati proporzionali al modo del loro impiego.
Tanto più vasta e completa è la cultura posseduta dall'individuo
che lavora, quindi che pensa ed agisce, tanto più consistenti sono i
risultati rispetto ai problemi affrontati.
FILOSOFIA
Filosofia è capacità di pensare, quindi possiamo ricondurre a
questo attributo ogni forma di riflessione razionale prodotta dalla
ragione.
E quanto inferiore sarà lo sforzo di riflessione per risolvere un
determinato problema rispetto allo sforzo necessario per
approfondire il complesso di tutti i problemi, tanto maggiore sarà
l'effetto sui singoli problemi.
Richiede maggior sforzo riflettere sull'insieme delle verità
percepibili che ideare soluzioni ad un problema noto.
Allora è necessario che l'individuo sia posto nella condizione di
poter indagare su se stesso, mediante l'utilizzo delle conoscenze
esogene. Conoscenze esogene vere, derivanti, cioè, da verità effettive,
dimostrate dalle loro rispettive cause, non verità subordinate
allo scopo che vuole ottenere chi le trasferisce.
VITALITA’
Vitalità è la volontà di produrre risultati, di essere cioè capaci di
soddisfare delle esigenze.
È evidente che la forza di volontà, come effetto della ragione, sia
direttamente proporzionale alla probabilità di produrre effetti
positivi, nel senso che la consapevolezza dell'utilità di esprimere
uno sforzo coincide, oltre che all'entità delle esigenze, all'idoneità
delle risorse.
RELIGIONE
Religione è coscienza dei propri limiti, non coscienza di realtà
illimitate.
La ragione umana, attraverso la logica, registra eventi percepibili
rispetto ai quali l'intuito indica le cause.
E quando le cause non sono intuibili, abbiamo due scelte: accettare
i nostri limiti oppure accettare le concezioni illimitate degli altri.
Altri che, a loro volta, tendono a dimostrare le concezioni
illimitate attraverso la verità storica.
"Io credo", diventa così l'effetto di altri i quali credono e, per
dimostrare quello che credono, non bastando la logica della
ragione, costituiscono le prove del loro credere.
Anche questo processo, come quello del desiderio di avere in
eccesso, è l'effetto di uno squilibrio di carattere psicologico e, più
precisamente di uno squilibrio tra pensiero ed azione.
Alla capacità di pensare, in pratica, non coincide la capacità di
agire attraverso le proprie risorse, quindi ci si serve dei risultati
degli altri.
E per convincere gli altri a mettere a disposizione i risultati
ottenuti, o una parte di essi, ci si arroga la qualifica di depositari
di pretese verità assolute che, peraltro, in quanto assolute,
dovrebbero essere dimostrabili di per se stesse, senza aver
bisogno, dunque, di ricorrere a verità percepibili, storiche,
funzionali allo scopo che si vuole ottenere, quello, cioè, di
assumere il potere di utilizzare i risultati di altri e di influenzare
gli altri.
Prosegui
Ritorna
|