PENTAKOS
1990
Rodolfo Marusi Guareschi

Autobiografia

Prefazione

Premessa

Introduzione

Lettura
Parte I
Leggi universali
Parte II
Proposta filosofica
Parte III
Caratteri delle proposta
Parte IV
Concetti esistenziali
Economia
Cultura
Filosofia
Vitalità
Religione
Parte V
Risultati ottenibili
Parte VI
Fattori esistenziali
Parte VII
Rapporti sociali
Parte VIII
Rapporti civili
Parte IX
Sistema politico
Parte X
Rapporti economici
Parte XI
Rapporti morali
Parte XII
Stato del mondo
Parte XIII
Progetto
Parte XIV
Cambiamento
Parte XV
Impero del bene
Epilogo
Glossario
Schema

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Parte IV
Concetti esistenziali
Economia
Cultura
Filosofia
Vitalità
Religione

IV PARTE
CONCETTI ESISTENZIALI

La proposta filosofica della quale sono stati enunciati i caratteri presuppongono l'essere umano o, meglio, la ragione che potenzialmente può esprimere l'essere umano, come maggior livello raggiungibile dall'energia nello spazio e nel tempo.

Non si tratta, perciò di considerare la ragione come entità incentrata o propulsiva rispetto all'energia, bensì come la risultante di un processo.

È un fatto che, rispetto alla materia impiegata, l'energia cerebrale rappresenti il più sofisticato effetto, non tanto e non solo in termini di quantità, ma certamente in termini qualitativi.

La ragione è poliedrica. È l'unico evento tanto poliedrico. In essa sono concentrate forze che causano effetti materiali e concettuali enormemente più complessi ed incidenti rispetto ad ogni altra forma di energia.

Si potrebbe dire che nella ragione è confluita l'intera gamma dell'intelligenza primordiale.

Mai nessuna forma di energia, prima della ragione, aveva potuto incidere tanto sugli eventi, escludendo, naturalmente, la causa del primo evento, causa, peraltro, al di fuori dello spazio e del tempo.

Questo fatto comporta un'immane responsabilità: la ragione può determinare il massimo bene, quindi la massima evoluzione, oppure anche determinare il massimo male, quindi il più grande impedimento naturale rispetto alla trasformazione dell'energia dallo stato più semplice al più complesso.

I concetti esistenziali dell'essere umano, come fonte conosciuta della ragione, debbono perciò necessariamente essere governati da regole tra di esse interdipendenti e, tutte insieme, finalizzate verso la determinazione del massimo bene, che significa, poi, determinazione del massimo sviluppo dell'energia.

Precisiamo tali concetti esistenziali utilizzando vocaboli molto comuni: economia, cultura, filosofia, vitalità, religione.


Parte IV
Concetti esistenziali
Economia
Cultura
Filosofia
Vitalità
Religione

ECONOMIA

Economia è l'utilizzo delle risorse, mediante il processo che parte con la promozione per realizzare il consolidamento dal quale, poi scaturiscono nuove risorse.

L'economia è il concetto, quindi la teoria, su cui si fondano i rapporti tra bisogni e desideri da una parte, soddisfazione, ed appagamento, dall'altra.

Bisogni e desideri che rappresentano altrettanti problemi. La loro soddisfazione ed loro appagamento rappresentano altrettante soluzioni.

È pacifico che la soluzione dei problemi, soprattutto di quelli materiali, deve passare attraverso un impiego razionale delle risorse, anzi impiego razionale orientato a risolvere i problemi nell'ambito di una strategia universale.

Da una parte abbiamo la nostra individualità. Dall'altra abbiamo problemi di carattere generale.

L'individuo e l'umanità nel suo complesso hanno gli stessi problemi, ricondotti questi ultimi, naturalmente, nell'ambito degli stessi problemi materiali (di sopravvivenza e di sviluppo) e degli stessi desideri (tendenza al piacere).

Si tratta allora semplicemente di coniugare esigenze individuali con esigenze comuni, nella convinzione che gli effetti delle soluzioni individuali dipendono anche dalla soddisfazione comune, così come gli effetti delle soluzioni comuni costituiscono carattere essenziale delle soddisfazioni individuali.

L'essere umano ha impostato diverse teorie, a questo proposito, dalle più semplici (il baratto) alle più complesse (liberismo, comunismo, globalizzazione). I risultati che conosciamo sono: una parte dell'umanità, almeno a livello di benessere materiale, sta meglio di prima, un'altra parte sta peggio di prima.

La percentuale che sta meglio è andata in graduale aumento.

Se confrontiamo i dati sulla povertà e sulla ricchezza dall'inizio della rivoluzione industriale ad oggi, non possiamo non prendere atto che per ogni milione di esseri umani, quelli che stanno bene oggi sono più di allora.

Ma questa proporzione è distorta: in realtà, in cifra assoluta, la gente che sta male oggi è molta di più di quella che stava male allora, e le prospettive indicano un peggioramento nei prossimi decenni.

Quindi, le teorie economiche, oppure la loro realizzazione pratica, hanno fallito. È vero che oggi c'è meno gente che sta male rispetto a tutti gli altri, ma è un fatto che "tutti gli altri" sono sempre di più, e quel che è peggio, secondo le prospettive, saranno ancora di più in futuro.

Le teorie economiche hanno fallito perché sono state applicate, forse sono anche state impostate, non solo finalizzate ad ottenere la massima soddisfazione di bisogni materiali individuali, ma anche per ottenere il massimo potere attraverso la detenzione della ricchezza.

L'essere umano, cioè, ha lavorato, prima per produrre le proprie utilità materiali, poi per destinarle all'appagamento dei propri desideri, cose del tutto legittime, infine ha impiegato gli effetti dei risultati per attribuirsi maggior potere rispetto agli altri esseri umani.

E così si è messo in moto e persiste questa specie di meccanismo inumano (nel senso che va contro ogni logica relativa all'insieme degli esseri umani) attraverso il quale chi più ha più vorrebbe avere.

Prima di parlare di nuove possibili teorie economiche, dobbiamo definire bene lo stato in cui si trova chiunque, avendo raggiunto un grado di ricchezza tale da poter soddisfare, oltre a tutti i suoi bisogni, anche tutti i suoi desideri, tranne quello del potere che gli deriva dalla ricchezza (desiderio, evidentemente, inappagabile per alcuni), desidera ulteriore ricchezza.

In costui, il desiderio di ricchezza, soprattutto se finalizzato al desiderio del massimo potere, è più forte di qualsiasi altro piacere umano.

Il desiderio di avere, quindi, è più forte del piacere di essere.

È un male, questo, che causa altri mali: la povertà degli altri, la distruzione delle condizioni naturali, dal punto di vista chimico e fisico.

È anche un male per lo stesso individuo che vive questa situazione asservendo ogni altro piacere rispetto a quello, più forte, del desiderio di ricchezza.

Se è un male per costui e per gli altri, è un male completo, al quale si deve necessariamente tentare di porre rimedio, curandolo.

Tutti i movimenti e tutte le azioni popolari orientate all'esproprio di ricchezza di individui considerati eccessivamente ricchi si sono rivelati inutili, qualche volta anche molto negativi.

Espropriare, infatti, significa togliere a qualcuno qualcosa di materiale, mentre non significa affatto togliere il desiderio di qualcosa di materiale.

Allora bisogna che i popoli facciano leggi orientate non ad espropriare, bensì a togliere il desiderio di avere in eccesso.

Il desiderio di avere in eccesso, come altri desideri (i vizi), è una malattia psichica e come tale va curata.

Ed è sicuramente possibile, oggi, impostare terapie in grado di guarire o, quantomeno, attenuare, gli effetti di una tale malattia.

Sono state promulgate le norme sanitarie per tantissime altre malattie, promulghiamone una anche per questa malattia: l'incon-trollato desiderio di avere in eccesso.

L'unica teoria economica in grado di realizzare il benessere di tutta l'umanità, si esprime attraverso il razionale rapporto, tra esigenze (bisogni e desideri) e proposte (soluzioni alle esigenze).

È molto semplice.

Impostiamo un piano nel quale identifichiamo i bisogni di tutti in ordine di priorità, ideiamo le soluzioni di questi problemi, impieghiamo tutta la cultura che possiamo avere per realizzare le soluzioni, attribuiamo ai risultati gli stessi effetti che hanno dato origine al piano, cioè la soluzione integrale di tutti i problemi che hanno origine dai bisogni materiali.

Infine, decidiamo quali debbono essere le prevalenze relative agli effetti dei risultati ottenuti, identificando un equo rapporto tra utilizzo dei risultati e loro impiego per produrre nuovi risultati.

E facciamo partecipare a questo processo tutti gli esseri umani in grado di lavorare (di pensare e di agire), in modo che tutti possano concorrere alla soddisfazione dei propri bisogni.

A questo piano riconduciamo, quindi, le tecniche scientifiche, tecnologiche ed utilitaristiche che ben conosciamo, provocando così una reale rivoluzione rispetto a quello che accade attual-mente.

Oggi, al contrario, sono i piani che vengono ricondotti alle tecniche, dalle quali sono condizionati.


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Cultura
Filosofia
Vitalità
Religione

CULTURA

Cultura è il complesso delle cognizioni che, attraverso le emulazioni, consentono il miglior rapporto tra risorse e risultati.

Le risorse, infatti, come mezzi impiegabili per realizzare obiettivi, attraverso l'organizzazione e l'autodeterminazione, producono risultati proporzionali al modo del loro impiego.

Tanto più vasta e completa è la cultura posseduta dall'individuo che lavora, quindi che pensa ed agisce, tanto più consistenti sono i risultati rispetto ai problemi affrontati.


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FILOSOFIA

Filosofia è capacità di pensare, quindi possiamo ricondurre a questo attributo ogni forma di riflessione razionale prodotta dalla ragione.

E quanto inferiore sarà lo sforzo di riflessione per risolvere un determinato problema rispetto allo sforzo necessario per approfondire il complesso di tutti i problemi, tanto maggiore sarà l'effetto sui singoli problemi.

Richiede maggior sforzo riflettere sull'insieme delle verità percepibili che ideare soluzioni ad un problema noto.

Allora è necessario che l'individuo sia posto nella condizione di poter indagare su se stesso, mediante l'utilizzo delle conoscenze esogene. Conoscenze esogene vere, derivanti, cioè, da verità effettive, dimostrate dalle loro rispettive cause, non verità subordinate allo scopo che vuole ottenere chi le trasferisce.


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VITALITA’

Vitalità è la volontà di produrre risultati, di essere cioè capaci di soddisfare delle esigenze.

È evidente che la forza di volontà, come effetto della ragione, sia direttamente proporzionale alla probabilità di produrre effetti positivi, nel senso che la consapevolezza dell'utilità di esprimere uno sforzo coincide, oltre che all'entità delle esigenze, all'idoneità delle risorse.


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Vitalità
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RELIGIONE

Religione è coscienza dei propri limiti, non coscienza di realtà illimitate.

La ragione umana, attraverso la logica, registra eventi percepibili rispetto ai quali l'intuito indica le cause.

E quando le cause non sono intuibili, abbiamo due scelte: accettare i nostri limiti oppure accettare le concezioni illimitate degli altri.

Altri che, a loro volta, tendono a dimostrare le concezioni illimitate attraverso la verità storica.

"Io credo", diventa così l'effetto di altri i quali credono e, per dimostrare quello che credono, non bastando la logica della ragione, costituiscono le prove del loro credere.

Anche questo processo, come quello del desiderio di avere in eccesso, è l'effetto di uno squilibrio di carattere psicologico e, più precisamente di uno squilibrio tra pensiero ed azione.

Alla capacità di pensare, in pratica, non coincide la capacità di agire attraverso le proprie risorse, quindi ci si serve dei risultati degli altri.

E per convincere gli altri a mettere a disposizione i risultati ottenuti, o una parte di essi, ci si arroga la qualifica di depositari di pretese verità assolute che, peraltro, in quanto assolute, dovrebbero essere dimostrabili di per se stesse, senza aver bisogno, dunque, di ricorrere a verità percepibili, storiche, funzionali allo scopo che si vuole ottenere, quello, cioè, di assumere il potere di utilizzare i risultati di altri e di influenzare gli altri.


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