X PARTE
RAPPORTI ECONOMICI
Il sistema economico riguarda il modo di produzione e di
destinazione della ricchezza.
Esso deve essere fondato su alcuni presupposti fondamentali:
- la libertà di intraprendere qualunque tipo di iniziativa imprenditoriale
orientata all'interesse comune;
- la definizione di piani di settore;
- l'equità del rapporto tra risorse impiegate, lavoro dedicato ed
effetti incidenti;
- la promozione degli scambi nazionali ed internazionali;
- la destinazione della ricchezza in proporzione al lavoro dedicato.
Partendo dal riconoscimento delle esigenze, bisognerà impostare
piani di sviluppo, ad incominciare dalle esigenze prioritarie:
piano agricolo ed alimentare, piano sanitario, piano industriale,
piano culturale, piano dei servizi.
LIBERTA' DI INTRAPRENDERE
Ognuno ha il diritto di realizzare la soluzione al problema della
produzione della ricchezza con gli strumenti che gli sono più
naturali, secondo le proprie caratteristiche individuali.
La necessità di intraprendere è un'esigenza prima di tutto
individuale, ed il fatto che, troppo spesso, si preferisca il
garantismo, non significa che questa sia una scelta funzionale alla
realizzazione della propria individualità ma, più che altro, una
scelta di rimedio.
Intraprendere è mezzo di libertà di esprimersi; essere garantiti di
partecipare a ricchezza non prodotta (prodotta da altri) è mezzo di
consenso al potere.
Le lotte di classe inibiscono la naturale vocazione dell'essere
umano ad intraprendere, inducendolo prevalentemente ad invidiare
i risultati ottenuti dagli altri ai quali strappare la massima
parte della ricchezza da loro prodotta.
Ecco perché, alla fine, le lotte di classe, ideologizzate come
strumento di ripristino della equità nella distribuzione della
ricchezza sono fallite, lasciandoci in eredità, non solo l'irrisolto
problema della generale intraprendenza, ma anche tutti i
complessi e le delusioni causati da azioni tendenti ad obiettivi
illogici e, per questo motivo, affatto innaturali rispetto alla
razionale evoluzione dell'essere umano.
La libertà di intraprendere nell'interesse comune comporta:
- la valutazione degli effetti dell'impiego della propria cultura nel
tempo (lavoro) rispetto a se stessi e rispetto agli altri;
- il riconoscimento del concetto di autoresponsabilità, anche in
alternativa alle impostazioni di classe o di gerarchia;
- l'applicazione del concetto di lavoro produttivo;
- la necessità dell'organizzazione;
- l'osservanza convinta dello stato di diritto.
PRODUZIONE DELLA RICCHEZZA
La visione di un sistema sociale di riferimento, emulabile da tutti
i popoli della Terra non può prescindere dall'immagine che
ciascuno di noi, per nostro conto, deve avere del nostro benessere
individuale.
Il processo di trasformazione dei valori, cioè, deve necessariamente
passare attraverso un processo di trasformazione individuale
della gente, come soggetto propulsore originario ed essenziale
di tutto quanto, poi, diventa sovrastruttura, ossia strumento
al servizio della gente stessa, nell'interesse comune.
Si tratta, allora, di individuare ciò che effettivamente sia più utile
per ciascuno di noi, ad incominciare dal sistema di produzione e
di destinazione della ricchezza.
Per produrre ricchezza, dobbiamo innanzitutto impiegare la
prima risorsa che abbiamo a disposizione, la ragione.
La ragione, come effetto fondamentale dell'energia cerebrale
dell'essere umano, è lo strumento essenziale per produrre la
ricchezza necessaria alla soddisfazione dei bisogni.
Attraverso di essa, infatti, noi siamo in grado di produrre
ricchezza per soddisfare i nostri bisogni senza danneggiare i
nostri simili: cosa impossibile, oggi, per tutte le altre specie.
L'impiego della ragione per un certo tempo produce conoscenza,
cioè la capacità di percepire, riconoscere, selezionare i problemi
reali e di proporsi degli obiettivi possibili.
Acquisita la conoscenza, noi abbiamo la possibilità di impiegare
la ragione per ideare soluzioni e per realizzare risultati,
dedicando ad essi il tempo necessario.
La differenza fondamentale tra noi e tutte le altre specie sta nel
fatto che, nel processo di produzione della ricchezza necessaria a
soddisfare i nostri bisogni, possiamo e dobbiamo tener conto degli
effetti delle soluzioni adottate.
Molto probabilmente la degenerazione e, molto spesso, la
definitiva scomparsa di tante forme di vita sono l'effetto dell'inesistenza
della ragione, per cui i problemi esistenziali si sono
dovuti risolvere sotto le spinte della ricerca istintiva delle
soluzioni, senza poter tenere in considerazione gli effetti delle
soluzioni, sia rispetto ad individui della stessa specie o forma di
vita, sia rispetto agli scenari in cui tali soluzioni sono state e sono
tuttora, per le forme di vita senza ragione, adottate.
Quindi, noi abbiamo la possibilità di risolvere i nostri problemi
materiali, senza danneggiarci a vicenda e, se lo vogliamo, di
trovare il modo di non danneggiare gli scenari, lo stesso ambiente
nel quale viviamo.
Produrre ricchezza mediante la conoscenza, utilizzando la
ragione per il tempo necessario a conoscere ed a realizzare risultati,
significa avere da una parte la possibilità di soddisfare i nostri
bisogni materiali e, dall'altra, di non distruggere le risorse.
Ciò a condizione che noi pensiamo al lavoro (pensiero ed azione)
come elemento esistenziale connaturato alla nostra stessa
evoluzione.
Siamo soggetti dotati di energia cerebrale e di energia fisica,
dunque non si vede per quale motivo non dovremmo utilizzare
queste due risorse che, impiegate per il tempo necessario, ci
consentono di sopravvivere, di appagare desideri, di realizzare il
massimo di ognuno di noi.
Non voler lavorare può significare soltanto vivere male o far
vivere male gli altri!
Lavorare senza pensare, significa vivere meno bene di quanto non
potremmo pensando al miglior modo di lavorare.
Lavorare senza agire, cioè esclusivamente pensando, significa
servirsi delle azioni degli altri per sopravvivere, quindi rallentare
il processo di sviluppo dell'intera umanità.
Quelle religioni che propugnano la completa dedizione dell'essere
umano alla meditazione giustificano, in fondo, il fatto che vi
debbano essere individui che possono permettersi solo di pensare
(fondamentalmente di pensare a se stessi) mentre altri individui
debbono per forza agire anche per i primi.
Questo concetto esistenziale è poi in netta contraddizione con
quanto le stesse religioni asseriscono rispetto alla identità dei
diritti e dei doveri di tutti gli esseri umani.
Sono due verità antitetiche, opposte, rispetto allo stesso problema,
una delle quali è certamente falsa, inventata.
Questa non è libertà individuale, è abuso, orientato allo stesso
scopo che aveva quell'uomo delle caverne (doveva essere un
uomo, non una donna) che, non volendo andare a caccia insieme a
tutti gli altri, ha pensato a come fare per procurarsi il cibo da
mangiare e le pelli per coprirsi.
Probabilmente, a quelli che tornavano dalla caccia, avrà detto "io
sono diverso da voi" ed era vero, e non si poteva dimostrare il
contrario: ha vinto, già da allora, la verità!
Era vero che non voleva andare a caccia come tutti gli altri, ed era
vero che, a differenza degli altri, che per mangiare sapevano di
dover agire, egli voleva mangiare senza agire.
Questo per dire che il seme che induce molti di noi a rifuggire il
lavoro è stato posto da tempi remotissimi, ma anche per affermare
che, nonostante tutte le revisioni che le religioni hanno compiuto,
permane la causa originaria per la quale quel seme è stato posto e,
per una logica concatenazione di cause ed effetti, questo problema
esistenziale non è ancora stato risolto.
Ed è per questo che, ancora oggi, il potere è concentrato nelle mani
di chi pensa e non agisce, piuttosto che in quelle di chi pensa ed
agisce.
Ma, come tutte le concatenazioni di cause ed effetti che, per non
essere orientate in direzione del benessere comune, rallentano
l'evoluzione, provocando corsi e ricorsi rispetto agli stati evolutivi,
anche questa concatenazione è suscettibile di essere riorientata.
È necessario un effetto, un'azione, incidente su quella concatenazione,
di una forza tale da estirpare il seme posto in origine,
quindi la causa originaria, che ha potuto produrre effetti
attraverso la mancanza di sufficiente conoscenza di tutti quelli che
andavano a caccia.
Un effetto incidente di forza così grande non può che essere
causato da un grande, un grandissimo numero di individui i
quali, percepita e riconosciuta la verità effettiva, si pongano, prima
di tutto individualmente, poi socialmente, l'obiettivo di risolvere il
problema.
Una rivoluzione endogena, quindi, è necessaria: la presa di
coscienza di ciascuno di noi sui perché e per chi è andata sempre
così.
Un colpo di reni, sulle cause e sulle origini del nostro modo di
pensare (certo non il primo né l'ultimo che la razza umana abbia
espresso e debba compiere), che riconosca la realtà per quella che
è, per correggere l'errore iniziale o, quantomeno, per metterlo in
discussione.
Esprimere energia, dunque, lavorando, significa risolvere i nostri
problemi materiali ed instaurare, quindi, le condizioni per
appagare i nostri desideri.
Si tratta di produrre ricchezza, destinandone una parte alla
soddisfazione dei bisogni esistenziali, una parte all'appagamento
dei desideri non solo legittimi ma necessari, anzi indispensabili,
alla nostra evoluzione e, infine, una parte alla produzione di
nuova ricchezza.
Tre destinazioni, quindi, noi dobbiamo identificare per la
ricchezza prodotta; gli eccessi rispetto ad una o più di queste
destinazioni non possono che rappresentare un limite al nostro
comune benessere. Eccesso come male, dunque, ma trattandosi di
un limite naturale dell'essere umano, eccesso come malattia e,
come tale, curabile.
DEFINIZIONE DEI PIANI
Le iniziative individuali prodotte dalla generale intraprendenza
devono, peraltro, essere ricondotte nell'ambito di un piano
comune, essendo comuni i problemi, gli obiettivi, le soluzioni, le
priorità e le prevalenze rispetto all'esigenza di produrre ricchezza.
Un piano che deve necessariamente svolgersi nell'ambito di una
strategia programmata ed utile a tutti coloro che concorrono alla
realizzazione degli stessi obiettivi.
E, così come è indispensabile classificare i problemi a seconda
della loro priorità, sarà necessario distinguere i piani in relazione
alla loro utilità.
Vi è quindi la necessità di un orientamento programmatico
centrale che deve essere impostato sulla base delle informazioni
sulle reali esigenze del gruppo di esseri umani (popolo) che opera
nell'ambito delle stesse realtà geografiche e storiche.
Infine, è indispensabile garantire la possibilità di scambio,
attraverso il quale diversi gruppi permutano le rispettive eccedenze.
RAPPORTO TRA RISORSE, LAVORO ED EFFETTI
Abbiamo parlato, prima, di lavoro produttivo. Questo concetto
non va ridotto rispetto al singolo individuo, ma ricondotto all'insieme
del gruppo.
PROMOZIONE DEGLI SCAMBI
Gli scambi nazionali ed internazionali devono essere governati,
prima di tutto dicendo alla gente che cosa è necessario produrre,
poi informando su quello che producono gli altri.
Il governo degli scambi dovrebbe avere come oggetto prevalen-temente
le eccedenze dei risultati della produzione rispetto alle
esigenze di chi questi risultati ha prodotto.
La promozione degli scambi, dunque, non deve rispondere a
logiche monopolistiche o di mero asservimento ai rapporti politici,
bensì al rapporto tra deficienze ed eccedenze di diversi gruppi.
Potrebbe essere utile impostare un sistema di compensazione
degli scambi tra individui dello stesso gruppo ed un organismo
compensatorio del gruppo stesso, che si rapporta direttamente con
l'organismo compensatorio di un altro gruppo.
DESTINAZIONE DELLA RICCHEZZA
La destinazione della ricchezza, come effetto della realizzazione
di risultati, è il problema che più influisce sui rapporti sociali,
civili e politici.
Dalla mancata soluzione di questo problema nascono i conflitti tra
individui dello stesso gruppo e tra gruppi diversi.
La ricchezza prodotta deve essere destinata a:
- compensare la responsabilità di chi corre il rischio di intraprendere
e, quindi, di produrre;
- compensare le prestazioni di chi produce;
- compensare i servizi economicamente improduttivi (dall'ecologia
alla previdenza, etc.);
- compensare i servizi produttivi, strumentali, quindi, alla
produzione di ricchezza;
- remunerare il capitale investito esclusivamente al fine di mantenerne
l'integrità di valore rispetto ad eventuali inflazioni, salvo
svalutarlo in proporzione alla misura dei mancati risultati;
- far partecipare ai risultati chi ha concorso a produrre, in
proporzione all'apporto effettivo;
- far partecipare agli stessi risultati chi non può produrre (i più
giovani, i malati, gli anziani).
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