PENTAKOS
1990
Rodolfo Marusi Guareschi

Autobiografia

Prefazione

Premessa

Introduzione

Lettura
Parte I
Leggi universali
Parte II
Proposta filosofica
Parte III
Caratteri delle proposta
Parte IV
Concetti esistenziali
Parte V
Risultati ottenibili
Parte VI
Fattori esistenziali
Parte VII
Rapporti sociali
Parte VIII
Rapporti civili
Parte IX
Sistema politico
Parte X
Rapporti economici
Libertà di
intraprendere
Produzione della
ricchezza
Definizione dei piani
Rapporto tra risorse,
lavoro ed effetti
Promozione degli
scambi
Destinazione della
ricchezza
Parte XI
Rapporti morali
Parte XII
Stato del mondo
Parte XIII
Progetto
Parte XIV
Cambiamento
Parte XV
Impero del bene
Epilogo
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Parte X
Rapporti economici
Libertà di intraprendere
Produzione della ricchezza
Definizione dei piani
Rapporto tra risorse, lavoro ed effetti
Promozione degli scambi
Destinazione della ricchezza

X PARTE
RAPPORTI ECONOMICI

Il sistema economico riguarda il modo di produzione e di destinazione della ricchezza.

Esso deve essere fondato su alcuni presupposti fondamentali:

- la libertà di intraprendere qualunque tipo di iniziativa imprenditoriale orientata all'interesse comune;

- la definizione di piani di settore;

- l'equità del rapporto tra risorse impiegate, lavoro dedicato ed effetti incidenti;

- la promozione degli scambi nazionali ed internazionali;

- la destinazione della ricchezza in proporzione al lavoro dedicato.

Partendo dal riconoscimento delle esigenze, bisognerà impostare piani di sviluppo, ad incominciare dalle esigenze prioritarie:

piano agricolo ed alimentare, piano sanitario, piano industriale, piano culturale, piano dei servizi.


Parte X
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Libertà di intraprendere
Produzione della ricchezza
Definizione dei piani
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Promozione degli scambi
Destinazione della ricchezza

LIBERTA' DI INTRAPRENDERE

Ognuno ha il diritto di realizzare la soluzione al problema della produzione della ricchezza con gli strumenti che gli sono più naturali, secondo le proprie caratteristiche individuali.

La necessità di intraprendere è un'esigenza prima di tutto individuale, ed il fatto che, troppo spesso, si preferisca il garantismo, non significa che questa sia una scelta funzionale alla realizzazione della propria individualità ma, più che altro, una scelta di rimedio.

Intraprendere è mezzo di libertà di esprimersi; essere garantiti di partecipare a ricchezza non prodotta (prodotta da altri) è mezzo di consenso al potere.

Le lotte di classe inibiscono la naturale vocazione dell'essere umano ad intraprendere, inducendolo prevalentemente ad invidiare i risultati ottenuti dagli altri ai quali strappare la massima parte della ricchezza da loro prodotta.

Ecco perché, alla fine, le lotte di classe, ideologizzate come strumento di ripristino della equità nella distribuzione della ricchezza sono fallite, lasciandoci in eredità, non solo l'irrisolto problema della generale intraprendenza, ma anche tutti i complessi e le delusioni causati da azioni tendenti ad obiettivi illogici e, per questo motivo, affatto innaturali rispetto alla razionale evoluzione dell'essere umano.

La libertà di intraprendere nell'interesse comune comporta:

- la valutazione degli effetti dell'impiego della propria cultura nel tempo (lavoro) rispetto a se stessi e rispetto agli altri;

- il riconoscimento del concetto di autoresponsabilità, anche in alternativa alle impostazioni di classe o di gerarchia;

- l'applicazione del concetto di lavoro produttivo;

- la necessità dell'organizzazione;

- l'osservanza convinta dello stato di diritto.


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PRODUZIONE DELLA RICCHEZZA

La visione di un sistema sociale di riferimento, emulabile da tutti i popoli della Terra non può prescindere dall'immagine che ciascuno di noi, per nostro conto, deve avere del nostro benessere individuale.

Il processo di trasformazione dei valori, cioè, deve necessariamente passare attraverso un processo di trasformazione individuale della gente, come soggetto propulsore originario ed essenziale di tutto quanto, poi, diventa sovrastruttura, ossia strumento al servizio della gente stessa, nell'interesse comune.

Si tratta, allora, di individuare ciò che effettivamente sia più utile per ciascuno di noi, ad incominciare dal sistema di produzione e di destinazione della ricchezza.

Per produrre ricchezza, dobbiamo innanzitutto impiegare la prima risorsa che abbiamo a disposizione, la ragione.

La ragione, come effetto fondamentale dell'energia cerebrale dell'essere umano, è lo strumento essenziale per produrre la ricchezza necessaria alla soddisfazione dei bisogni.

Attraverso di essa, infatti, noi siamo in grado di produrre ricchezza per soddisfare i nostri bisogni senza danneggiare i nostri simili: cosa impossibile, oggi, per tutte le altre specie.

L'impiego della ragione per un certo tempo produce conoscenza, cioè la capacità di percepire, riconoscere, selezionare i problemi reali e di proporsi degli obiettivi possibili.

Acquisita la conoscenza, noi abbiamo la possibilità di impiegare la ragione per ideare soluzioni e per realizzare risultati, dedicando ad essi il tempo necessario.

La differenza fondamentale tra noi e tutte le altre specie sta nel fatto che, nel processo di produzione della ricchezza necessaria a soddisfare i nostri bisogni, possiamo e dobbiamo tener conto degli effetti delle soluzioni adottate.

Molto probabilmente la degenerazione e, molto spesso, la definitiva scomparsa di tante forme di vita sono l'effetto dell'inesistenza della ragione, per cui i problemi esistenziali si sono dovuti risolvere sotto le spinte della ricerca istintiva delle soluzioni, senza poter tenere in considerazione gli effetti delle soluzioni, sia rispetto ad individui della stessa specie o forma di vita, sia rispetto agli scenari in cui tali soluzioni sono state e sono tuttora, per le forme di vita senza ragione, adottate.

Quindi, noi abbiamo la possibilità di risolvere i nostri problemi materiali, senza danneggiarci a vicenda e, se lo vogliamo, di trovare il modo di non danneggiare gli scenari, lo stesso ambiente nel quale viviamo.

Produrre ricchezza mediante la conoscenza, utilizzando la ragione per il tempo necessario a conoscere ed a realizzare risultati, significa avere da una parte la possibilità di soddisfare i nostri bisogni materiali e, dall'altra, di non distruggere le risorse.

Ciò a condizione che noi pensiamo al lavoro (pensiero ed azione) come elemento esistenziale connaturato alla nostra stessa evoluzione.

Siamo soggetti dotati di energia cerebrale e di energia fisica, dunque non si vede per quale motivo non dovremmo utilizzare queste due risorse che, impiegate per il tempo necessario, ci consentono di sopravvivere, di appagare desideri, di realizzare il massimo di ognuno di noi.

Non voler lavorare può significare soltanto vivere male o far vivere male gli altri!

Lavorare senza pensare, significa vivere meno bene di quanto non potremmo pensando al miglior modo di lavorare.

Lavorare senza agire, cioè esclusivamente pensando, significa servirsi delle azioni degli altri per sopravvivere, quindi rallentare il processo di sviluppo dell'intera umanità.

Quelle religioni che propugnano la completa dedizione dell'essere umano alla meditazione giustificano, in fondo, il fatto che vi debbano essere individui che possono permettersi solo di pensare (fondamentalmente di pensare a se stessi) mentre altri individui debbono per forza agire anche per i primi.

Questo concetto esistenziale è poi in netta contraddizione con quanto le stesse religioni asseriscono rispetto alla identità dei diritti e dei doveri di tutti gli esseri umani.

Sono due verità antitetiche, opposte, rispetto allo stesso problema, una delle quali è certamente falsa, inventata.

Questa non è libertà individuale, è abuso, orientato allo stesso scopo che aveva quell'uomo delle caverne (doveva essere un uomo, non una donna) che, non volendo andare a caccia insieme a tutti gli altri, ha pensato a come fare per procurarsi il cibo da mangiare e le pelli per coprirsi.

Probabilmente, a quelli che tornavano dalla caccia, avrà detto "io sono diverso da voi" ed era vero, e non si poteva dimostrare il contrario: ha vinto, già da allora, la verità!

Era vero che non voleva andare a caccia come tutti gli altri, ed era vero che, a differenza degli altri, che per mangiare sapevano di dover agire, egli voleva mangiare senza agire.

Questo per dire che il seme che induce molti di noi a rifuggire il lavoro è stato posto da tempi remotissimi, ma anche per affermare che, nonostante tutte le revisioni che le religioni hanno compiuto, permane la causa originaria per la quale quel seme è stato posto e, per una logica concatenazione di cause ed effetti, questo problema esistenziale non è ancora stato risolto.

Ed è per questo che, ancora oggi, il potere è concentrato nelle mani di chi pensa e non agisce, piuttosto che in quelle di chi pensa ed agisce.

Ma, come tutte le concatenazioni di cause ed effetti che, per non essere orientate in direzione del benessere comune, rallentano l'evoluzione, provocando corsi e ricorsi rispetto agli stati evolutivi, anche questa concatenazione è suscettibile di essere riorientata.

È necessario un effetto, un'azione, incidente su quella concatenazione, di una forza tale da estirpare il seme posto in origine, quindi la causa originaria, che ha potuto produrre effetti attraverso la mancanza di sufficiente conoscenza di tutti quelli che andavano a caccia.

Un effetto incidente di forza così grande non può che essere causato da un grande, un grandissimo numero di individui i quali, percepita e riconosciuta la verità effettiva, si pongano, prima di tutto individualmente, poi socialmente, l'obiettivo di risolvere il problema.

Una rivoluzione endogena, quindi, è necessaria: la presa di coscienza di ciascuno di noi sui perché e per chi è andata sempre così.

Un colpo di reni, sulle cause e sulle origini del nostro modo di pensare (certo non il primo né l'ultimo che la razza umana abbia espresso e debba compiere), che riconosca la realtà per quella che è, per correggere l'errore iniziale o, quantomeno, per metterlo in discussione.

Esprimere energia, dunque, lavorando, significa risolvere i nostri problemi materiali ed instaurare, quindi, le condizioni per appagare i nostri desideri.

Si tratta di produrre ricchezza, destinandone una parte alla soddisfazione dei bisogni esistenziali, una parte all'appagamento dei desideri non solo legittimi ma necessari, anzi indispensabili, alla nostra evoluzione e, infine, una parte alla produzione di nuova ricchezza.

Tre destinazioni, quindi, noi dobbiamo identificare per la ricchezza prodotta; gli eccessi rispetto ad una o più di queste destinazioni non possono che rappresentare un limite al nostro comune benessere. Eccesso come male, dunque, ma trattandosi di un limite naturale dell'essere umano, eccesso come malattia e, come tale, curabile.


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DEFINIZIONE DEI PIANI

Le iniziative individuali prodotte dalla generale intraprendenza devono, peraltro, essere ricondotte nell'ambito di un piano comune, essendo comuni i problemi, gli obiettivi, le soluzioni, le priorità e le prevalenze rispetto all'esigenza di produrre ricchezza.

Un piano che deve necessariamente svolgersi nell'ambito di una strategia programmata ed utile a tutti coloro che concorrono alla realizzazione degli stessi obiettivi.

E, così come è indispensabile classificare i problemi a seconda della loro priorità, sarà necessario distinguere i piani in relazione alla loro utilità.

Vi è quindi la necessità di un orientamento programmatico centrale che deve essere impostato sulla base delle informazioni sulle reali esigenze del gruppo di esseri umani (popolo) che opera nell'ambito delle stesse realtà geografiche e storiche.

Infine, è indispensabile garantire la possibilità di scambio, attraverso il quale diversi gruppi permutano le rispettive eccedenze.


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RAPPORTO TRA RISORSE, LAVORO ED EFFETTI

Abbiamo parlato, prima, di lavoro produttivo. Questo concetto non va ridotto rispetto al singolo individuo, ma ricondotto all'insieme del gruppo.


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PROMOZIONE DEGLI SCAMBI

Gli scambi nazionali ed internazionali devono essere governati, prima di tutto dicendo alla gente che cosa è necessario produrre, poi informando su quello che producono gli altri.

Il governo degli scambi dovrebbe avere come oggetto prevalen-temente le eccedenze dei risultati della produzione rispetto alle esigenze di chi questi risultati ha prodotto.

La promozione degli scambi, dunque, non deve rispondere a logiche monopolistiche o di mero asservimento ai rapporti politici, bensì al rapporto tra deficienze ed eccedenze di diversi gruppi.

Potrebbe essere utile impostare un sistema di compensazione degli scambi tra individui dello stesso gruppo ed un organismo compensatorio del gruppo stesso, che si rapporta direttamente con l'organismo compensatorio di un altro gruppo.


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DESTINAZIONE DELLA RICCHEZZA

La destinazione della ricchezza, come effetto della realizzazione di risultati, è il problema che più influisce sui rapporti sociali, civili e politici.

Dalla mancata soluzione di questo problema nascono i conflitti tra individui dello stesso gruppo e tra gruppi diversi.

La ricchezza prodotta deve essere destinata a:

- compensare la responsabilità di chi corre il rischio di intraprendere e, quindi, di produrre;

- compensare le prestazioni di chi produce;

- compensare i servizi economicamente improduttivi (dall'ecologia alla previdenza, etc.);

- compensare i servizi produttivi, strumentali, quindi, alla produzione di ricchezza;

- remunerare il capitale investito esclusivamente al fine di mantenerne l'integrità di valore rispetto ad eventuali inflazioni, salvo svalutarlo in proporzione alla misura dei mancati risultati;

- far partecipare ai risultati chi ha concorso a produrre, in proporzione all'apporto effettivo;

- far partecipare agli stessi risultati chi non può produrre (i più giovani, i malati, gli anziani).


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